«Basta etichette stantie: anch'io voglio allargare all'Udc e so che il vecchio welfare non regge» ROMA - Vendola, che insegnamento dovrebbe trarre il centrosinistra dal voto? «Alle Amministrative ha vinto una spinta anti-oligarchica, che si era già affacciata nello straordinario processo democratico delle primarie e ha restituito vitalità e anima alla proposta politica del centrosinistra. E ha perso il politicismo che domina soprattutto nei palazzi». A che cosa si riferisce? «A quei ragionamenti astratti sulle formule magiche della vittoria: si vince al centro, il moderatismo è la chiave di volta, ecc. Ciascuno di noi dovrebbe cimentarsi con il futuro invece che con il passato. Lo dico con affetto ai leader del Pd: c'è qualcosa di stantio, c'è puzza di naftalina nell'uso disinvolto delle etichette ideologiche con cui reciprocamente ci chiamiamo... Radicale, riformista, moderato... Rompiamo con il retaggio delle nostre biografie e mettiamoci tutti quanti in mare aperto, a guardare la scena nuova della politica perché c'è una scena nuova della società». Vendola, pare di capire che lei stia prefigurando la nascita di nuova sinistra tutta unita. «Io non ho ricette già pronte, però dico con umiltà ai miei compagni, a quelli del Pd, e a tutti gli alleati: prendiamo il coraggio di affrontare l'inadeguatezza della forma partito, andiamo in campo aperto. E questo vale per tutti, a cominciare dal mio movimento, Sel: al congresso fondativo abbiamo detto che il nostro obiettivo non era tanto far nascere un partito quanto riaprire una partita. Noi non dobbiamo recuperare lo spazio residuo che fu della sinistra radicale. Sarebbe come scrivere vecchi copioni: il nostro compito invece è quello di rimescolare le carte insieme a tanti altri e altre». Ma crede veramente che Bersani e il Pd accetteranno la sua proposta? «Nel Pd si è aperta una discussione molto interessante. Bettini propone la creazione di un nuovo soggetto unitario. Latorre invita noi e il Pd a essere i cofondatori di un nuovo partito. Il presidente della Toscana Rossi ipotizza una lista unitaria di Sel, Idv e Pd. Sono tutti ragionamenti incoraggianti. Finalmente c'è un'altra idea della politica. Nel cantiere dell'alternativa non distribuiamo le magliette con i colori delle squadre, ma apriamo piuttosto le porte anche a tanti altri che non vengono dai partiti e che portano, competenze, esperienze di vita, ricchezza di cultura. E in quel cantiere, insieme agli altri, proviamo a farci le domande giuste e a darci le risposte giuste: non è forse questo il programma dell'alternativa?». Insomma, secondo lei il Pd, Sel, i partiti del centrosinistra sono pronti sul serio a compiere questo passo. «Perché no? È accaduto che parte rilevante della cultura riformista italiana e del Pd, che aveva militato nella trincea dell'energia nucleare, abbia rapidamente ripiegato le proprie bandiere, è accaduta la stessa cosa sul tema dell'acqua di cui molti propugnavano la privatizzazione. E non voglio fare un discorso provocatorio: anche la sinistra radicale deve accorgersi, per esempio, che non si può tenere in piedi il vecchio welfare. Oggi siamo tutti quanti chiamati a metterci in gioco». Niki Vendola