« Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano. »
(Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, 1947)
Queste parole di I.Calvino introducono meravigliosamente il 25 aprile che quest’ anno è dedicato al ricordo di un episodio accaduto il 20 giugno del 1944 all’interno della Manifattura Tabacchi che è stata teatro della fucilazione da parte di un ufficiale tedesco di un operaio chiaravallese, Bosco Sabbatini, morto per difendere il lavoro e la lotta partigiana di liberazione.
Un episodio e soprattutto un’ esistenza umana rimasti chiusi, come la lapide che ricorda l’ uomo e l’episodio, all’interno delle mura della Manifattura Tabacchi e che Anpi e Comune di Chiaravalle, intendono portare all’ esterno non solo fisicamente attraverso la traslazione della salma ma anche emotivamente al fine di divulgare ed estendere la memoria di questo episodio e soprattutto la storia umana di uomo dimenticato dal tempo e dalla storia.
Tale percorso, volto al maggior coinvolgimento sociale possibile vuole porre l’ attenzione sul tema della difesa del lavoro e della Costituzione che fonda all’ art.1 la nostra Repubblica proprio sul lavoro.
Si è voluto così sottolineare il rispetto dell’ uomo e del lavoro, ponendo l’ attenzione alla Liberazione nel lavoro.
“Ed è anche per questo che la nostra associazione oggi mentre guarda alla giornata di festa del 25 aprile è fortemente preoccupata per l’indirizzo che sta prendendo nella politica del nostro governo sulla questione delle riforme.
Noi siamo per il rinnovamento della politica, e delle istituzioni, ma riteniamo centrale il ruolo del Parlamento, siamo contrari al rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, a discapito della rappresentanza, e come abbiamo fatto per la battaglia condotta contro chi voleva accantonare l’articolo 138 della Costituzione, abbiamo promosso una manifestazione per il 29 aprile a Roma per ribadire i principi della Costituzione”.
Quando si ricorda la Resistenza si parla di Secondo Risorgimento. Ma tra il Primo e il Secondo Risorgimento vi è una differenza sostanziale. Nel Primo Risorgimento protagoniste sono minoranze della piccola e media borghesia, anche se figli del popolo partecipano alle ardite imprese di Garibaldi e di Pisacane. Nel Secondo
Risorgimento protagonista è il popolo. Cioè guerra popolare fu la guerra di Liberazione. Vi partecipano in massa operai e contadini, gli appartenenti a quella classe lavoratrice che sotto il fascismo aveva
visto i figli suoi migliori fieramente affrontare le condanne del tribunale speciale al grido della loro fede.
Non dimentichiamo che su 5.619 processi svoltisi davanti al tribunale speciale 4.644 furono celebrati contro operai e contadini.
E la classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poidurante l’occupazione nazista, scioperi politici, non per rivendicazioni salariali, ma per combattere la dittatura e lo straniero e centinaia di questi scioperanti saranno, poi, inviati nei campi di sterminio in Germania, ove molti di essi troveranno una morte atroce.
Saranno i contadini del Piemonte, di Romagna e dell’Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza questa assistenza offerta generosamente dai contadini, la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più dura.
La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi. E saranno sempre figli del popolo a dar vita alle gloriose formazioni partigiane.
Senza questa tenace lotta della classe lavoratrice – lotta che inizia dagli anni ‘20 e termina il 25 aprile 1945 – non sarebbe stata possibile la Resistenza, senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica.
Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione.
Ed essa diviene, così, non per concessione altrui, ma per sua virtù soggetto della storia del nostro paese. Questo posto se l’è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.
Siamo qui per porre in risalto come il popolo italiano sappia battersi quando è consapevole di battersi per una causa sua e giusta; non inferiore a nessun altro popolo.
Siamo qui per riaffermare la vitalità attuale e perenne degli ideali che animarono la nostra lotta. Questi ideali sono la libertà e la giustizia sociale, che – a mio avviso – costituiscono un binomio inscindibile, l’uno presuppone l’altro: non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà.
I compagni caduti in questa lunga lotta ci hanno lasciato non solo l’esempio della loro fedeltà a questi ideali, ma anche l’insegnamento d’un nobile ed assoluto disinteresse. Generosamente hanno sacrificato la loro giovinezza senza badare alla propria persona.
Un valore diventa tale se diventa carne, se diventa corpo. I giovani di oggi devono quindi sentire fisicamente, sui loro corpi, i valori della Costituzione, dell’ Antifascismo e della Resistenza.
Ed è per dare corpo a quei valori che abbiamo voluto restituire a Chiaravalle la storia, il coraggio, il sacrificio e anche il corpo di Bosco Sabbatini, perchè la Resistenza non è stata fatta da uomini forti, speciali, di quelli che “adesso non ne nascono più” ma la Resistenza è stata fatta da soggetti che avevano paura, da ragazzi di 18 anni strappati dalla loro vita normale per andare a combattere, da padri di famiglia che hanno sacrificato se stessi per dare un futuro migliore ai propri figli.
Ai giovani di oggi vogliamo consegnare intatto il patrimonio politico e morale della Resistenza, perché lo custodiscano e non vada disperso; alle loro valide mani affidiamo la bandiera della libertà e della giustizia perché la portino sempre più avanti e sempre più in alto.
Viva la Resistenza!