In un momento come questo, parlare di noi potrebbe sembrare superfluo.
La situazione politica internazionale è problematica e molto precaria. La guerra, anzi le guerre, o meglio quella che appare come una terza guerra mondiale “spezzettata”, a cui l’umanità è chiamata ad assistere e con cui deve confrontarsi, obbliga gli Stati a rispondere sempre più con economie di guerra. Gaza è una strage annunciata, uno sterminio: si massacrano bambini, si caccia un popolo, lo si deruba della propria terra, si bombarda ovunque… Di fronte a questo la comunità internazionale è silente.

Le persone, al posto dei governi immobili, si fanno avanti: portano aiuto, offrono i loro corpi come scudo, difendono con coraggio una popolazione martoriata.

Vedremo come andrà a finire.

Le guerre, il conflitto tra sistemi, la trasformazione dei sistemi politici e amministrativi, sempre più orientati verso regimi autoritari e tecnocratici, le alterazioni dei rapporti politici anche tra Stati storicamente alleati, pongono oggi nuove barriere che non sono solo quelle doganali volute da Trump per il suo tornaconto. Mi riferisco anche ai conflitti interni tra i vari poteri degli Stati, non solo in Italia assistiamo a scontri con la magistratura, con il parlamentarismo, contro le Costituzioni che hanno determinato e costituito le nostre società.

E’ evidente il tentativo di ridimensionare l’Europa e il suo ruolo che, se pure svolto con molte mancanze, rimane un baluardo da difendere.

La storia che parte da Ventotene ci ricorda l’importanza di credere in un’Europa possibile. Possiamo realizzarla riducendo la distanza, che i cittadini avvertono, rispetto alle istituzioni europee, puntando all’efficienza e alla democrazia dei processi decisionali, restituendo al disegno europeo una vera identità culturale condivisa, un’anima comune capace di prevalere sugli egoismi nazionali, nel principio della solidarietà, libertà, eguaglianza, giustizia, antifascismo e antirazzismo.

Valori germogliati dal dolore della barbarie, delle guerre, dei totalitarismi e delle persecuzioni.

Forse ciò che manca è l’applicazione, anche all’Unione Europea, di quel principio che invita a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti i lavoratori alla vita politica, economica e sociale.

Poi c’è un aspetto tutto italiano.
Oggi assistiamo a un tentativo di restringere le libertà. Lo vediamo nel decreto sicurezza, nell’uso del potere da parte di chi ricopre incarichi istituzionali rilevanti, in una politica della paura fondata sul razzismo e sulla divisione dei sindacati. Lo vediamo nel mancato riconoscimento della Costituzione antifascista e nel lavoro costante per smontarla, spezzando e indebolendo le istituzioni, attaccando i poteri dello Stato e, in particolare, la magistratura indipendente. Si tenta di appropriarsi degli enti, di stravolgere la politica culturale e di colpire i diritti fondamentali: dal diritto allo studio, alla libertà di espressione e di scelta di vita, fino alla libertà delle donne, iniziando dalla legge 194.

E potrei continuare con la chiusura del Leoncavallo, uno sfregio alla città di Milano; con gli attacchi rivolti a noi; con il mancato riconoscimento delle conclusioni processuali rispetto alla strage di Bologna per la quale è stata chiaramente individuata la matrice fascista, quel mondo dove hanno prosperato tanti personaggi oggi presenti nei luoghi di potere (consiglieri comunali che fanno il saluto romano; raduni dichiaratamente fascisti; intitolazioni di vie e luoghi a ex fascisti)

Quanto detto basterebbe per aprire una discussione che ci terrebbe impegnati non per ore, ma per giorni.

Partendo da un quadro generale della situazione politica ed economica, e cercando di partire dalla questione guerra, non possiamo non riconoscere che affrontando il tema del fascismo, della sua caduta, della Resistenza e dell’opposizione, l’aspetto guerra – con i suoi morti, invalidi, orfani, genitori piangenti e vedove – resta centrale. Non possiamo fare a meno di partire da qui, perché la guerra è lo strumento che ci riporta al fascismo.

Oggi, in questi giorni, in questi momenti  in tutta Italia le nostre sezioni sono al fianco di quanti vogliono una Palestina libera, costruiamo e appoggiamo ogni momento che va in questa direzione.

Ma oggi, pur sapendo che affronteremo anche queste questioni, il tema che ci guida ha un titolo semplice: ESSERE ANPI.

Paolo Papotti, responsabile della formazione, sta girando l’Italia affrontando questo tema con i quadri dirigenti delle varie realtà. In questo momento è forzatamente allettato e io lo sostituisco, anche perché abbiamo trattato questo argomento in relazione al Servizio Civile (materia di cui sono responsabile nazionale per l’ANPI), dove la formazione è parte fondamentale, non solo richiesta ma obbligatoria. Anche di questo parleremo.
Essere ANPI è un opuscoletto della collana “Bulow”, edito dall’ANPI, curato da Baldini, Liparotto e Papotti, con prefazione del Presidente nazionale Pagliarulo. È uno strumento per comprendere cosa è e cosa non è l’ANPI, la sua missione, il valore dell’apertura a tutti gli antifascisti — anche quelli che non furono partigiani — a partire dal 2006.
È un libro che parteggia, con la memoria in tasca e nel cuore. Lo definiamo un “partigianato morale”: la difesa dei valori di convivenza civile contro ogni forma di odio, violenza, autoritarismo.

Voglio chiarire in apertura che l’ANPI ha una sola voce, e questa deve essere autorevole, libera, indipendente e autonoma. L’ANPI oggi è sentinella della democrazia e della Costituzione, custode della memoria, attiva nella difesa dai rigurgiti autoritari.
L’antifascismo è un percorso che mira a essere luogo di tutti i democratici, praticato attraverso la memoria attiva, cioè la capacità di applicare all’oggi i valori antifascisti e costituzionali.

Paolo Papotti ribadisce che essere ANPI oggi passa attraverso la formazione consapevole e diffusa. In qualità di responsabile nazionale del settore Formazione, ha sottolineato la necessità di socializzare, coordinare e armonizzare le molteplici esperienze formative sviluppate nei territori, al servizio non solo dei dirigenti ma di tutti gli iscritti. Per lui, la formazione non è mera istruzione, ma promozione di una vera coscienza antifascista, collegata a valori storici e costituzionali.
A supporto, è disponibile un ricco corredo di materiali didattici, resi facilmente accessibili nelle sezioni “Proposte formative”, “ProMemoria” e “CulturAttiva” del sito nazionale.

Guerzoni, costruttore fondamentale della nuova ANPI, in un’assemblea romana con tanti soggetti politici, associativi e istituzionali, dove si cercava di “tirare” l’associazione, intervenne con autorevolezza scandendo una frase rimasta celebre:

“L’ANPI o è la casa di tutte le famiglie antifasciste o non è.”

Invito alla lettura dell’opuscolo L’antifascismo al lavoro, che ricorda la sua figura all’interno dell’associazione.

Essere la casa di tutti gli antifascisti non è uno slogan, ma la nostra essenza più vera. L’ANPI non è un partito, e chi vi opera non lo fa per un partito. Io aggiungo spesso che l’ANPI non ragiona neanche come un partito.
L’autonomia è fondamentale per la nostra autorevolezza: l’autonomia è preziosa perché è ciò che ci si aspetta da noi.

Un ulteriore contenuto importante riguarda l’approccio didattico: dialogare con le giovani generazioni, favorire un pensiero critico, evitare toni retorici o predicatori, valorizzare linguaggi innovativi che tengano conto del vissuto quotidiano dei più giovani (anche tramite tecniche interattive).

Centrale nel nostro ragionamento resta in particolare l’ultimo comma dell’articolo 23 dello Statuto approvato nel 2006 dai partigiani: chi si iscrive si impegna concretamente alla realizzazione e alla continuità nel tempo degli scopi dell’associazione, a conservare, tutelare e diffondere la conoscenza delle vicende e dei valori della Resistenza, consegnati alle nuove generazioni come elemento fondante della Repubblica, della Costituzione e dell’Unione Europea, patrimonio essenziale della memoria del Paese.

L’ANPI è un organismo collettivo: sono gli organismi che decidono il cammino, e chi è chiamato ad assolvere incarichi deve realizzarli.
L’ANPI è coscienza critica della democrazia. La memoria è un dovere, ma senza azione diventa solo retorica. Ecco allora la sfida: far parlare i valori della Resistenza nel presente, costruendo comunità antifasciste inclusive e attive.

Questo compito non è nuovo, ma nuovi sono gli strumenti e gli impegni: sono e restano i confini del nostro agire quotidiano.

Dobbiamo conoscere e far conoscere la nostra storia. Una storia che nasce dall’antifascismo, pagato con il carcere, il confino, la fame, la miseria. Una storia costruita nella clandestinità, con il sacrificio dei partigiani, delle donne, dei militari, dei confinati. Una storia che ha portato alla Liberazione, alla conquista della Repubblica, alla Costituzione, alla democrazia.

Ricordiamo le prime battaglie per difendere quelle conquiste: i processi, l’esilio, le lotte nelle città. Ricordiamo l’impegno dell’ANPI nel difendere il nome della Resistenza, anche di fronte a chi voleva cancellarne la memoria.

E non dimentichiamo ciò che venne dopo: le lotte operaie, la difesa della democrazia contro i tentativi di colpi di Stato, contro la legge truffa. Fino ad arrivare a oggi, nella battaglia contro chi vuole stravolgere la Costituzione.

L’impegno dell’ANPI è spesso discriminante: ci si auto-sospende quando si vuole correre per incarichi amministrativi; non è lo strumento per agevolare la carriera politica. Difendiamo la nostra autonomia e non sempre è facile; per qualcuno la tentazione di agire con un partito è davvero molto forte.

La scommessa sta nel trovare nuove forme di lotta per la difesa costante della democrazia dei diritti e dell’uguaglianza, per opporci al rialzarsi del fascismo, anzi dei fascismi, per rinnovare gli impegni.

Non da oggi, ricordiamo alcune date:

2011 grande convegno dell’anpi “Riflessioni sulle nuove forme di “fascismo”, in Italia e in Europa”

2014 convegno a Roma sugli “Strumenti legislativi per fermare il neofascismo e il razzismo in Italia e in Europa” a 150 metri dal parlamento, presenza due Deputati, riorganizzata a Casa Cervi avrà un grande successo

Nel 2017 gruppo di lavoro  da cui scaturirà un testo straordinario, “Antifascismo Quotidiano. Strumenti istituzionali per il contrasto a neofascismo e razzismi” a cura di Carlo Smuraglia.

 

Il nostro impegno resta costante alle idealità di chi ha combattuto durante il ventennio, quelli che hanno riscattato l’Italia nelle diverse forme di Resistenza e di quelle e quelli che dopo la liberazione hanno contribuito ad affermarsi della democrazia e che fino ad oggi non hanno mai smesso di essere soggetto antifascista.