“A me interessa la partita”
domenica 10 giugno 2012 | Giovanna Casadio
Nichi Vendola a Repubblica.
Vendola, sottoscrive le parole di Di Pietro contro Bersani?
«Non le sottoscrivo, la mia specialità del resto non sono le intemperanze né l’irascibilità».
Ma lei con chi sta: con Bersani o con Di Pietro?
«Intanto voglio dire che è positivo che tante anime del centrosinistra riprendano a parlarsi sia pure in modo frizzante, e soprattutto che lo facciano davanti a una platea inquieta e esigente come quella della Fiom. È una finta ingenuità stupirsi delle asprezze e dei toni rudi. Conosciamo le divaricazioni e i contrasti. Non avremmo avuto il ventennio berlusconiano se la sinistra non si fosse così accuratamente divisa».
Questa è la malattia antica. Ma lei quali idee ha per il futuro?
«Il fatto nuovo è che ci sia una ripresa di parola davanti alla questione sociale. Io non vorrei neanche sovraccaricare di significati i toni usati da Di Pietro, che si è posizionato con forza, ma dubito molto che la sua sia un’uscita dalla coalizione del centrosinistra».
Sta cercando di tenersi in equilibrio, Vendola?
«No, sto cercando di mettere tutti davanti alle responsabilità che abbiamo di costruire unitariamente l’agenda del cambiamento poiché siamo collocati sull’orlo di un cratere e il vulcano della crisi sociale, della disoccupazione di massa, della recessione, della povertà può eruttare da un momento all’altro. Essere responsabili non significa cercare il minimo comune denominatore, bensì costruire un patto con il mondo del lavoro e le giovani generazioni. O il centrosinistra è questo oppure non c’è, è un artificio elettorale».
La “foto di Vasto”, quell’alleanza Vendola, Di Pietro, Bersani è strappata, rotta?
«Per me la foto di Vasto è sempre stata solo l’evocazione di una possibilità: quella di un’uscita a sinistra dalla crisi del berlusconismo. I protagonisti di quell’immagine sono forse necessari, ma non sufficienti, per incarnare una grande e credibile alternativa.
Comunque io scelgo la piattaforma della Fiom “senza se e senza ma”».
Si presenta alle primarie del Pd?
«Sono a disposizione».
Cioè, si presenta o no?
«Di mestiere non faccio il candidato alle primarie, non sono divorato dalle ambizioni personali».
Ma fu lei a lanciare la sfida.
«Oggi siamo in un evo differente rispetto al luglio 2010. È una scelta che si compie collettivamente, non sono un ragazzo in carriera».
Sarebbe disposto a sciogliere Sel, il suo partito?
«Ho detto, nel congresso di fondazione, che più che il partito mi interessa la partita per uscire dall’egemonia della destra».
Pensa forse a un “listone” della sinistra?
«Siamo impegnati nella costruzione di un nuovo soggetto plurale, popolare, della sinistra del futuro così come lo evocano gli intellettuali di ALBA e i sindaci, da Pisapia a Emiliano, De Magistris, Zedda, Orlando…».
Ci sarà una lista Fiom alle elezioni?
«Penso di no, la Fiom sta facendo bene il sindacato ed è un compito politico».
Andrebbe al voto “divorziato” dal Pd?
«Non andrei mai diviso dalle ragioni del mondo del lavoro».
Bersani e l’impegno per i gay: a lei, omosessuale, quale effetto fa?
«Bene, ora però la battaglia in Parlamento. Mi sono sentito troppe volte preso in giro dal piccolo cabotaggio, dall’ipocrisia, dal “vorrei ma non posso”. L’impegno è il minimo che la decenza impone a qualunque forza democratica, visto che l’Italia vive dentro una tenebra oscurantista»