di Claudio Maderloni

Care compagne e cari compagni, nel nostro documento nazionale, elaborato un anno fa, al capitolo “La pace e il disarmo”, scrivevamo: “Preoccupa la forte esposizione del nostro Paese nella produzione e nel commercio degli armamenti, sovente in direzione di Stati direttamente o indirettamente  in teatri di guerra.”

Forse ci saremmo evitati qualche articolo di giornale non propriamente corretto circa le nostre posizioni.

Con il mio intervento, voglio affrontare questo argomento partendo da un altro punto.

Il professore Marco Labbate, di una città delle mie Marche, dice: ” Eppure mi domando anche se non sia doveroso riflettere sempre sui costi della violenza, riguardo a profughi, vite umane, economia, se non sia comunque necessario cercare, anche davanti a un’oppressione, altre vie praticabili, se in fondo quella “difesa popolare nonviolenta” che i movimenti pacifisti hanno elaborato meriterebbe una trattazione seria, anziché essere sempre abbandonata con un sorriso nei cieli di un’utopia. Fermo restando che di fronte a un’ingiustizia, se non si danno armi, si deve offrire qualcosa di più efficace. Non buone parole. Credo nella nonviolenza, pur non ritenendola una ricetta buona per ogni situazione. Non penso però che si possa improvvisare: senza un popolo allenato a immaginarla rischia di diventare un alibi per la passività. Inoltre, una volta scoppiata la guerra, mi sembra che la sua forza si affievolisca drasticamente. Mi chiedo tuttavia perché la nonviolenza venga sempre relegata all’empireo delle buone intenzioni, a un piano irrealistico e utopico, mentre la reazione violenta non è sottoposta a quel vaglio altrettanto severo, come se il reagire con le armi per una guerra di difesa, quindi giusta, sia necessariamente la più logica tra le soluzioni sul tavolo.”

     Ed io concordo con lui.

Quando veniamo intervistati dovremmo rispondere  come se fossimo sotto esame?! “… ma tu vuoi che quelli muoiano perché non vuoi dargli le armi?” E non capiscono che noi facciamo una distinzione chiara, limpida, sulla questione delle armi. E la questione non è solo il conflitto che è in corso. Noi non siamo con Putin, che ha invaso, noi siamo per la democrazia e per la libertà.

Ringrazio il compagno che è intervenuto ieri sera con un discorso bellissimo sulla non violenza. E sono convinto che bisogni continuare a discuterne.

Io a venti anni, cioè cinquanta anni fa,  da giovane comunista della federazione giovanile, pensavo fosse necessario fare il servizio militare perché bisognava difendere la democrazia; noi giovani comunisti avevamo paura  che il fascismo in quel momento avrebbe potuto riprendere il potere. Ci scontravamo con alcune persone che si dichiaravano contrari al servizio militare ritenendo necessaria una risposta di altro tipo.

Io ho rincontrato questo compagno  e ne abbiamo parlato  durante il congresso nazionale di Arci Servizio Civile.

La questione parte da lì e arriva a noi oggi.

E sono contento che il compagno Pagliarulo abbia accolto di inserire nel nostro documento nazionale, e lo abbia poi ripreso nella sua relazione, la questione del Servizio Civile Universale.

Alcuni anni fa, su indicazione e suggerimento del compagno Luciano Guerzoni, abbiamo trasmesso il documento sul servizio civile universale ai provinciali di tutta Italia. Per inciso va detto che alcuni provinciali avevano già provveduto autonomamente e iniziato questo percorso. La segreteria di allora ritenne di poter estendere l’esperienza a tanti altri provinciali.

La Carta etica del servizio civile nazionale recita “… attraverso azioni di solidarietà, d’inclusione, di coinvolgimento e partecipazione, che promuovono a vantaggio di tutti il patrimonio culturale e ambientale delle comunità, e realizzano reti di cittadinanza mediante la partecipazione attiva delle persone alla vita della collettività e delle istituzioni …”.

Tutto questo è parte degli obiettivi della nostra associazione: noi vogliamo essere soggetto attivo, non solo nel trasmettere attraverso la conservazione del nostro capitale documentario ma, soprattutto, per ricevere da quel mondo giovanile una visione diversa, importante e utile a far crescere e arricchire culturalmente la nostra stessa associazione

Inventariare, catalogare e dematerializzazione, ma anche costruire relazioni con le scuole, partecipare all’ideazione di progetti sui temi della Costituzione  dell’antifascismo e dell’antirazzismo, collaborare alla realizzazione di iniziative di convegni manifestazioni  mostre e congressi. Questo è quanto possono rendono le ragazze e i ragazzi del servizio civile.

Il mondo del servizio civile universale non è composto soltanto dalle ragazze e dai ragazzi, ma anche da tanti adulti che li affiancano, poi ci sono le associazioni che si muovono in questo campo, con loro dovremo collaborare per una progressiva integrazione, per una migliore progettazione e programmazione, per la stesura di progetti qualificanti.                        Servizio civile universale sarà veramente universale se si supereranno le differenze sociali, perché non tutte le ragazze e i ragazzi partono dalla stessa posizione, ci sono le  differenze di studio, di lavoro, di ambienti sociali, e c’è diversità se si vive vicini alla mafia, alla camorra, e vivere in aree dove il tessuto democratico è forte dove c’è partecipazione, organizzazioni democratiche, e noi dobbiamo impegnarci proprio per rispondere al dettato costituzionale sulla Uguaglianza, e se possiamo impegnarci assieme a tante altre associazioni, nel servizio civile universale forse segneremo un punto a favore della Costituzione.

Questo mondo del volontariato ci appartiene quindi dobbiamo riflettere sul modo di rendere appieno il nostro contributo.

Per meglio inquadrare quest’aspetto, stiamo ragionando attorno alle 56.000 proposte di progetto, alle oltre 110.000 domande di ragazze e ragazzi, ai circa 20.000 Operatori Locali Progetto.

In questo momento le ANPI attive sono: Vicenza, Padova, Parma, Udine, Milano, Roma, Trieste, Empoli, mentre alcune si sono accreditate ma non sono attive come Torino e Firenze.

Molti comitati provinciali hanno espresso nel tempo interesse ma non hanno dato continuità per problematiche varie che spaziano dalla sede alla ricerca di volontari.

Noi dobbiamo continuare a investire in questo ambito perché in questo modo rispondiamo anche a quel giovane delegato che ci ha richiamato a non parlare dei giovani ma parlare con i giovani ed io penso che in questo momento la nostra associazione si sta impegnando proprio nel parlare con le giovani generazioni.

Personalmente mi sono iscritto all’associazione fin da ragazzo, ma è solo dopo la nuova stagione che molte e molti sono potuti diventarne veramente protagonisti.  Permettetemi di ringraziare, a conclusine del mio intervento,  quanti  ci hanno permesso di militare e dirigere questa straordinaria associazione facendoci partecipi della realtà delle loro sezioni.

Perché ho fatto questa riflessione?! Perché ancora una volta stiamo assistendo al tentativo di alcuni di dividere la nostra associazione. Prima si è cercato di dividere le partigiane e i partigiani tra buoni e cattivi, poi tra partigiani e antifascisti, infine tra favorevoli e contrari alla riforma costituzionale.

Forse alcuni invidiano la nostra capacità di essere soggetto vivo, reale e concreto, ma non siamo gelosi, anzi vorremmo essere contagiosi.

Noi siamo qui, nel pieno esercizio della democrazia, alla permanente ricerca di una direzione comune e condivisa della nostra associazione: sempre testardamente alla ricerca dell’unità possibile, per il bene della nostra associazione che vive e si nutre del pluralismo, ma soprattutto per il  bene al Paese                                                                         

Va dove ti porta la Costituzione: Unità, Antifascismo e Rinascita.

È un messaggio straordinario, concreto, che indica la rotta verso il porto dove far approdare la nave della pace, dei diritti, dell’uguaglianza, del lavoro, e della democrazia.

E’ questa la nostra storia.

Viva la Resistenza antifascista viva l’ANPI.

Riccione 26 marzo 2022